Quest’anno ho deciso di prepararmi alla Santa Pasqua con una settimana di ritiro a Medjugorje, insieme alle Sorelline del Cuore Eucaristico di Gesù, la comunità vocazionale femminile che accompagno nel proprio percorso di discernimento e apostolato ormai da circa cinque anni.

Perché scegliere Medjugorje?

Perché la Pasqua di Resurrezione di Gesù Cristo ci esorta a non essere semplicemente spettatori di quanto la liturgia ci propone di celebrare, bensì di vivere da protagonisti quello che è il mistero centrale della fede cattolica. Infatti, oltre a credere in Dio Uno-e-Trino – che è Padre, Figlio e Spirito Santo – noi professiamo anche l’incarnazione, passione, morte in croce e resurrezione del Signore.

Come vivere, dunque, un simile mistero, senza limitarsi a farne devota ma sterile memoria?
A mio parere, immergendosi nella realtà attuale e contemporanea della resurrezione di Cristo, ovvero nella sua capacità di penetrare con analoga forza di “rinascita” a vita nuova anche nella nostra esistenza personale.

Proviamo a ricordare quale fu l’esperienza degli apostoli. Essi avevano lasciato tutto per seguire il Maestro e, dinanzi allo scandalo dell’arresto e della condanna a morte di Gesù, si erano sentiti sconfitti, smarriti e confusi: come poteva, il Messia tanto atteso, subire passivamente una morte tanto ignominiosa? Tanto che, quel venerdì 7 aprile dell’anno 30 – perché questa è la data, a detta dalla maggior parte degli studiosi, in cui si è compiuto il mistero della nostra redenzione tramite la morte in croce di Cristo – sul Calvario non era salito nessuno degli apostoli, se non Giovanni, allora poco più che adolescente, accompagnato dalla Madre di Gesù e da alcune pie donne. Degli altri che, per tre anni, avevano condiviso vita, azioni e parole del Signore, nessuna traccia. Troppo delusi, o impauriti, o arrabbiati, per trovare la forza di “restare” ai piedi della croce. Come, invece, ha fatto la Madonna.

Però, se andiamo a rileggere le vicende della cosiddetta Chiesa apostolica, nei primi tempi successivi alla Pasqua del Signore, ecco che restiamo colpiti, sfogliando le pagine degli Atti degli Apostoli, dalla intraprendenza e dal coraggio con cui gli stessi Undici, che erano fuggiti dinanzi alla croce di Cristo, testimoniano ora la fedeltà al Maestro, annunciando con coraggio il Vangelo. E dico coraggio non perché rischiassero di affrontare qualche aspra critica o al più qualche insulto, bensì perché erano disposti ad affrontare persino la morte.

E, infatti, gli apostoli muoiono tutti in conseguenza del martirio, in modo diretto o indiretto – è il caso di San Giovanni che muore in conseguenza delle torture e percorre subite.

Come era stato possibile un simile cambiamento? A leggere con attenzione i Vangeli della resurrezione e i primi passi della Chiesa post-pasquale, scopriamo che l’incontro con il Risorto dona una forza inedita agli Undici, che non temono ormai di affrontare neppure la morte visto che il Signore stesso, morendo in croce e risorgendo, ha vinto la morte, per sempre. Facendo di questa drammatica esperienza una porta che si apre sul mistero della beatitudine eterna. Insomma: il Cristo, con la Sua resurrezione, aveva permesso ai Suoi di partecipare in anticipo della condizione di risorti che era ormai stata resa possibile anche per loro. Possibile non solo in futuro, nell’aldilà, ma già in questa vita, come inizio di una nuova esistenza. Da qui, quella trasformazione interiore che ne ha fatto intrepidi araldi del Vangelo, fino al martirio.

E Medjugorje… che cosa centra con tutto questo? Beh, nella mia esperienza più che ventennale di pellegrinaggio in quella terra benedetta dalla presenza della Madre di Dio, ho potuto notare innumerevoli volte che la migliore espressione capace di racchiudere il senso dell’esperienza vissuta a Medjugorje da parte di questa o quella persona – credente o no, giovane o anziana, uomo o donna, sposata o consacrata – è sempre stata la stessa: “a Medjugorje sono rinato!”. Perché? Perché a Medjugorje – che San Giovanni Paolo II non ha esitato a definire il “cuore spirituale” del mondo – si viene accolti dall’abbraccio materno di Maria che accompagna ognuno dei Suoi cari figli a Suo Figlio Gesù, affinché si faccia esperienza della Divina Misericordia che Egli dona a ogni animo pentito nella esperienza della riconciliazione… Quante persone sono entrate in confessionale, a Medjugorje, lasciando i pesi di una vita di peccato, per uscire poi “rinati”, partecipando, finalmente, di quella condizione di “risorti” che spetta a chiunque voglia accogliere il dono pasquale che Cristo desidera condividere con tutti gli uomini bisognosi di salvezza e redenzione.

L’augurio che faccio a tutti i lettori è dunque questo: di ricevere la grazia, per intercessione della Regina della Pace, di poter celebrare la Pasqua di Resurrezione di Cristo da protagonisti, entrando nel mistero centrale della nostra fede come figli di Dio che, già e non ancora, avanzano come “risorti” nel cammino della vita.