La liturgia della Messa vespertina nella vigilia della Solennità del Natale del Signore quest’anno ci propone la “genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo” del Vangelo secondo Matteo.
Dopo aver letto la sequenza dei nomi riportati – alcuni sconosciuti ai più, altri difficilmente pronunciabili – ci si trova un poco smarriti e ci si potrebbe chiedere: ma c’era davvero bisogno di riportare tutto questo elenco di nomi in apertura di Vangelo? E poi: che cosa hanno a che fare questi personaggi, dai contorni così sfumati e ben poco noti alla maggioranza dei fedeli, con la generazione di Gesù che viene raccontata subito dopo ed è il cuore del Natale?
Per rispondere a questi più che leciti interrogativi, occorre tenere presente che Matteo – che in realtà di chiamava Levi ed è il pubblicano che, chiamato da Gesù, lascia il banco delle imposte e immediatamente lo segue (cfr. Mt 9,9) – scrive per gli Ebrei, cioè per i propri confratelli: lui, che si è convertito riconoscendo in Gesù il Cristo, ovvero il Messia a lungo atteso dal popolo eletto, vorrebbe che ogni pio Israelita potesse ricevere la stessa grazia, lo stesso dono, accogliendo il Figlio di Dio come Redentore e Salvatore. Ecco perché non ci stupisce il ritrovare la lunga genealogia di Gesù in apertura di Vangelo: essa serve infatti – come mostra il primo versetto – a mostrare che in Cristo si compiono le attese messianiche, poiché Egli fa parte di una storia di salvezza che, iniziata col patriarca Abramo, è passata attraverso il re Davide (cfr. Mt 1,1).
Gesù è dunque inserito nella storia del popolo di Israele, come colui che, da generazioni, era atteso. E proprio quelle generazioni che vengono così minuziosamente elencate mostrano che la storia umana è anzitutto storia di salvezza, e che in essa Dio interviene con un sapiente disegno di paterna provvidenza, accompagnando l’umanità verso l’accoglienza del Verbo fatto carne per la salvezza di ciascuno di noi. Ora, la perfezione di questo progetto di salvezza viene evidenziata da Matteo facendo notare che da Abramo e Gesù si percorrono tre grandi tappe, ciascuna scandita da 14 generazioni: da Abramo a Davide (apice della monarchia), da Davide a Ieconia (al tempo della deportazione babilonese), da Ieconia a Gesù stesso. Una omogeneità che sta appunto a indicare il sapiente agire di Dio che dona equilibrio e compimento alla storia degli uomini, facendo delle generazioni che si sono susseguite un lungo tempo di attesa.
Ciò premesso, occorre però notare che in un affresco storico-genealogico così preciso… i conti non tornano! Se infatti ci sono 14 generazioni in ognuna delle tre grandi tappe illustrate da Matteo, il totale dovrebbe essere di 42 generazioni. Ma, andando a contare uno per uno i nomi riportati dall’evangelista, da Abramo a Gesù se ne contano in totale 40. Cioè 2 in meno.
Come è possibile?
Dal punto di vista formale, la risposta è abbastanza semplice. Infatti, ogni tappa termina con il nome che è ripetuto come inizio della seguente: Davide conclude la prima tappa e segna anche l’inizio della seconda, come pure accade per Ieconia, posto al termine della seconda e al principio della terza. Avendo questi due nomi – Davide e Ieconia, appunto – che sono raddoppiati, ecco spiegato perché il totale è di 42 (3 x 14 generazioni), ma i nomi sono in realtà “soltanto” 40.
Ora, venendo al senso teologico di questo totale, è importante notare che il numero 40 ha un significato profondo nella Sacra Scrittura, poiché rimanda a importanti episodi e vicende dell’Antico e del Nuovo Testamento: il diluvio universale, al tempo di Noè, durò 40 giorni (cfr. Gn 7,1-8,22); 40 giorni occorsero per l’imbalsamazione delle spoglie mortali del patriarca Giuseppe (cfr. Gn 50,1-3); Mosè rimase sul monte Sinai 40 giorni e 40 notti (cfr. Es 24,18; 34,28); dopo 40 giorni fecero ritorno gli esploratori che Mosè aveva inviato nel paese di Canaan, per sapere come fosse la “terra promessa” che attendeva Israele (cfr. Num 13,17-26); 40 sono poi gli anni che Israele trascorre nel deserto, dopo la fuga dall’Egitto e prima di entrare nella terra promessa (cfr. Num 14,34; Dt 2,7); per 40 giorni il gigante Golia, campione dei Filistei, esce dinanzi alle truppe di Israele, per sfidarli (cfr. 1Sam 17,16); 40 anni è, ancora, la durata del regno di Davide (cfr. 1Re 2,11) e così pure di Salomone su tutto Israele (cfr. 1Re 11,42); Elia cammina 40 giorni per raggiungere il monte Oreb (cfr. 1Re 19,8); 40 giorni è il tempo entro cui, secondo l’annuncio di Giona, Ninive dovrà convertirsi per non essere distrutta da Dio (cfr. Gio 3,4); venendo al Nuovo Testamento, troviamo altri riferimenti al numero 40: anzitutto, 40 sono i giorni di digiuno di Gesù nel deserto, prima di essere tentato dal demonio (cfr. Mt 4,1-11); ancora, 40 giorni è il tempo che intercorre tra la Resurrezione di Gesù e la sua Ascensione al Cielo (cfr. At 1,3). Insomma: il numero 40 – soprattutto in riferimento all’esodo di Israele dall’Egitto alla terra promessa – indica un compimento, la realizzazione di una tappa importante del piano di Dio. Ecco perché, dunque, per sottolineare che Cristo, Verbo di Dio incarnato, è il compimento delle attese messianiche del popolo eletto, l’evangelista Matteo scrive i 40 nomi che intercorrono da Abramo a Gesù.
Dal punto di vista spirituale, resta però ancora aperta la questione dei due nomi “mancanti” rispetto al totale atteso di 42. Una interpretazione di queste assenze cerca, appunto, di giustificarle offrendone una lettura esistenziale e pratica. In maniera semplice, si potrebbe dire così: è come se mancassero due nomi, certo. Ma questi non occuperebbero posizioni qualsiasi, bensì sarebbero al principio e alla fine della genealogia. Di quali nomi si tratti, è presto detto. All’inizio, occorre mettere il Nome di Dio, Padre di ogni uomo e dunque, in quanto Creatore e Signore della vita, Padre di Abramo stesso; al termine della genealogia, dopo il nome di Gesù, dovremmo aggiungere… il nostro nome! Eh sì, perché se accogliamo Gesù come Salvatore e Redentore nostro, allora ciascuno di noi entra a far parte davvero della storia della salvezza ed è come “generato”, anzi: rigenerato, dalla morte e resurrezione di Gesù.
Chiaramente, si tratta di una “rinascita” nella fede, in quanto si tratta proprio di credere alle promesse di salvezza che, offerte da Dio al popolo eletto prima e alla Chiesa e all’umanità intera poi, ci riguardano personalmente e interpellano individualmente. Dire il proprio “sì”, equivale a scrivere il proprio nome al termine della genealogia che va da Abramo a Gesù, riconoscendo al tempo stesso che Dio è al principio di tutto: in questo modo, il Nome di Dio e il proprio nome, aggiunti ai 40 già presenti, fanno sì che ciascuno possa riportare a 42 il totale dei nomi della storia della salvezza ricordata da Matteo in apertura di Vangelo.
In fondo, questa “rinascita” è sperimentata da Giuseppe in prima persona: fidandosi di Dio, infatti, egli accetta di prendere con sé Maria (cfr. Mt 1,20-25), permettendo con ciò che si realizzi il progetto del Signore e, attraverso il “sì” della Vergine, si giunga all’incarnazione del Verbo di Dio nel grembo della Madonna. Un sì, quello di Giuseppe, che segue quello della Madre di Dio, e permette allo sposo castissimo di Maria di entrare a far parte, a pieno titolo, della storia della salvezza che a quegli eventi – decisivi per la redenzione dell’umanità – aveva fin da principio mirato.
Che questo Santo Natale ci faccia dunque accogliere questo dono: il dono della nascita di Gesù nella nostra vita, attraverso la sincera disponibilità a “lasciar fare” a Dio nel corso della propria esistenza, per essere strumenti docili della sua divina volontà. In tal modo, potremo “scrivere” ciascuno il proprio nome al termine della genealogia di Gesù ed essere così certi di aver vissuto il Natale come preziosa occasione per rinascere nella storia di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo (1, 1-25)
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa «Dio con noi». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.